IL
CANTO DELLA TENEBRA
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omaggio a Dino Campana -
con
LAURA CROCE E ALESSANDRO AVERONE
musiche
ed esecuzione di
LUIGI ATTADEMO (chitarra)
ANDREA LANZA (chitarra elettrica)
I
testi del poeta Dino Campana, tratti per la maggior parte dai Canti
Orfici e dall'Epistolario, sono qui riproposti in forma unitaria, utilizzando
come traite d¹union la biografia del "folle di Marradi" e il resoconto
dello psichiatra Carlo Pariani scritto pochi anni prima della morte
del poeta. In tal modo si è voluta rievocare la condizione di sofferenza
del poeta segnata dal viaggio e dal luogo: Marradi, il luogo magico
di purezza infranta; l'America, evasione fantastica dalla propria tormentata
vicenda artistica; Firenze, con l'incomprensione mostrata dallo snobismo
dei futuristi; i paesaggi notturni e amorosi dei Canti Orfici, tra ricerca
dell'eterno femminino e purificazione icastica. Alessandro Averone interpreta
un Campana consapevole del proprio genio, arresosi all'evidenza che
la sua poesia non gli "procurò che poco vantaggio pratico" e che rievoca
nel contrappunto della voce narrante - Laura Croce, ora nei panni di
antagonista, ora in quelli di un doppio del poeta, ora in quelli di
Sibilla Aleramo - il suo passato di artista e di uomo. Per restituire
il carattere frammentario dell¹opera campaniana, la musica "rappresenta"
una scenografia sonora composta da brani originali per chitarra che
alternano le malinconiche atmosfere acustiche a quelle più scarne della
chitarra elettrica e le fondono in momenti a carattere improvvisativo
che fanno da controcanto al testo
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ELOGIO
DELL'OMBRA
Testi
di JORGE LUIS BORGES
Musiche di ASTOR PIAZZOLLA
Voce recitante: Laura Croce
Chitarra: Luigi Attademo
Buenos Aires, la Pampa, l'atmosfera tragica dei quartieri poveri sono le
esperienze comuni che legano il poeta Jorge Luis Borges e il musicista Astor
Piazzolla. Ambedue, rievocando la triste bellezza dell'immagine della propria
terra approdano al medesimo luogo poetico. Su questa consonanza si fonda
l'idea realizzata dai due interpreti di svelare l'omogeneità del
sentimento che pervade la poesia dell'uno e la musica dell'altro, associando,
attraverso delle scelte meta-compositive, i testi delle poesie tra le più
profonde ed evocative di Borges e le musiche scritte o adattate per chitarra
da Piazzolla. L'operazione si concentra sull'obiettivo di realizzare un'unità
strutturata, diversa e nuova rispetto alle due vette artistiche che ne sono
il sostrato, per celebrare ciò che nelle parole di Borges incarna
maggiormente il mistero dei suoni e delle parole:
l'elogio dell'ombra |
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ELIZABETHAN
TALES
Testi di WILLIAM SHAKESPEARE
Musiche di DOWLAND, BRITTEN, HENZE
Voce recitante: Laura Croce
Chitarra: Luigi Attadem
L'estetica elisabettiana segna uno dei momenti più importanti dell'arte
inglese, in campo musicale quanto in campo poetico e drammaturgico. John
Dowland, liutista della corte inglese, dedicò numerosi "songs" a
testi di poeti contemporanei, esaltando il senso di profonda malinconia
in essi racchiuso. A questa tonalità emotiva, indissolubilmente legata
al periodo elisabettiano, si sono ispirati anche musicisti del nostro secolo,
come Benjamin Britten (con il suo Nocturnal after John Dowland) e Hans Werner
Henze (con le due Sonate della Royal Winter Music per chitarra). Al di là
della separazione temporale, qui l'unità poetica tra musica e testi
restituisce l'impronta universale della poesia attraverso la meditazione
che il musicista del novecento fa su un mondo a cui si sente inevitabilmente
legato. Da queste ragioni nasce lo spettacolo Elizabethan Tales, in cui
l'elemento narrativo è progressivamente dissolto dall'accostamento
"decostruttivista" dei testi shakespereani e dalla giustapposizione
di musiche stilisticamente opposte, nell'intento di restituire per rimandi
- frammentariamente, appunto - la malinconia degli elisabettiani.
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